Ex LGI nel mondo, il "Matador di Bucarest" Andrea Compagno
Questa domenica ci spostiamo in Romania, più precisamente nella capitale Bucarest, dove tra le fila del FCSB (conosciuto fino a poco tempo fa come Steaua) troviamo Andrea Compagno, prolifica punta siciliana passata per Catania e Torino nei settori giovanili e con una nutrita carriera in Serie D.
Ciao Andrea e grazie per la tua disponibilità. Sei sul nostro almanacco nell’anno 2012, la nostra seconda edizione. Ti descriviamo come un attaccante centrale, bravo nel colpo di testa e che doveva migliorare nella cattiveria sotto porta. Come termine di paragone avevi Luca Toni. Ti ci rivedi ora a 26 anni?
“Le caratteristiche tecniche son rimaste esattamente quelle anche perché con un tipo di fisicità come la mia si abbinano alla perfezione. Nel corso della mia maturazione calcistica posso dire di essere migliorato nell’attacco alla profondità e nella corsa sul lungo. La cattiveria sotto porta negli ultimi tempi è decisamente aumentata, i numeri per ora sono dalla mia parte e finalizzo bene gli assist che mi arrivano dai miei compagni. Ovviamente non si smette mai di migliorare e non vedo l’ora in futuro di completarmi ancora di più sotto il profilo tecnico”.
Leggendo la tua scheda si nota una cosa abbastanza particolare, cioè che hai frequentato un istituto classico. L’istruzione e la formazione quanto sono importanti per te?
“Credo che aver frequentato il liceo classico mi abbia permesso di avere una mentalità aperta e mi ha aiutato a valutare le varie situazioni della mia vita, calcistiche e non, prendendo sempre in esame tutti i vari punti di vista. Per il momento ho deciso di non prendermi una laurea, perché per come la vedo io è un percorso molto importante e qualora decidessi di farla vorrei impegnarmi solo ed esclusivamente in quello, mettendo anima e cuore. Penso inoltre che la bellezza di un percorso accademico sia anche quella di frequentare i corsi di studi insieme ad altri studenti per confrontarsi e crescere in maniera completa, non solo come studente ma come persona. Fino ad oggi son sempre stato concentrato sul calcio, non solo le due ore di allenamento ma ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette”.
Dopo gli inizi in Sicilia, prima a Palermo e poi a Catania, è arrivato il passaggio alla Primavera del Torino. Da lì poi una hai iniziato a girovagare in diversi club di Serie D, che tipo di campionato hai trovato? Ti ha formato giocare con adulti nonostante la giovane età?
“Il campionato di Serie D penso sia molto più formativo rispetto alla maggior parte delle squadre primavera. A meno di non trovarti in un top club o di fare la spola tra primavera e prima squadra, situazione in cui comunque vieni a contatto con il calcio dei grandi, è meglio giocare subito in un campionato che ti permette di metterti alla prova con quello che è poi il percorso che si affronta una volta usciti dai settori giovanili. Le varie esperienze che ho vissuto girando nei club di D mi hanno tutte insegnato qualcosa, nonostante spesso non siano state molto prolifiche dal punto di vista realizzativo. Ero un ragazzo giovane, avevo una diversa maturità mentale rispetto ad ora e nonostante tutto sono stati anni nei quali ho anche risolto alcuni problemi fisici che mi avevano limitato nel primo periodo calcistico”.
Poi il passaggio al Tre Fiori a San Marino, club col quale hai debuttato nelle competizioni europee (Europa League, trovando anche la via del gol n.d.r.) e dove hai conquistato un campionato e una coppa nazionale. Che esperienza è stata?
“Un toccasana. Avevo bisogno di rilanciarmi dopo anni non al top e soprattutto di ritrovare la fiducia in me stesso e di far vedere a tutti di cosa fossi in grado. Ho avuto la fortuna di condividere lo spogliatoio con un campione del mondo come Cristian Zaccardo e con giocatori che han calcato sia la B che la A come Manolo Pestrin e Francesco Lunardini. Loro erano lì perché a fine carriera e infatti erano stupiti di come io fossi finito in un campionato con solamente tre allenamenti a settimana e gente che gioca ma in realtà è un secondo lavoro. Per me però il campionato di San Marino, per quanto sia una piccola realtà, mi ha appunto permesso di esordire nelle competizioni Uefa e quindi di farmi notare all’estero e in giro per l’Europa. Avevo una maggiore visibilità e infatti il presidente del Craiova ha deciso di acquistarmi dopo aver visto anche il gol fatto nei preliminari di Europa League. Fossi rimasto nel campionato di Serie D non avrei mai avuto questa possibilità”.
Dopo l’esperienza sanmarinese, hai deciso di andare in Romania, prima al Craiova e ora al FCSB, un club con grande tradizione. Come mai la scelta di questo paese? Che tipo di calcio hai trovato?
“Sono arrivato al Craiova quando militava nella seconda divisione rumena. Abbiamo subito trovato la promozione e successivamente in Liga I, allenati da Adrian Mutu, ci siamo salvati grazie ai playoff. Ho fatto annate importanti, la scorsa stagione ho timbrato il cartellino per ben 12 volte. Grazie a queste prestazioni ho attirato le attenzioni del FCSB e sul finire del mercato estivo mi sono trasferito a Bucarest. Il palcoscenico è cambiato, ora si gioca per vincere il campionato e non per salvarsi, ma sarò sempre grato al Craiova per l’incredibile opportunità che mi ha dato. Appena arrivato al FCSB, dopo nemmeno una settimana, mi sono ritrovato in campo a Londra contro il West Ham di altri due italiani come Angelo Ogbonna e Gianluca Scamacca. I tifosi rumeni sono pazzeschi, gli stadi son sempre pieni. Inoltre son rimasto piacevolmente colpito dagli impianti sportivi, all’avanguardia”.
Infine il motivo ultimo di questa nostra chiacchierata. Nell’ultimo periodo, sempre più ragazzi cercano fortune all’estero. Quali possono essere, secondo te, le motivazioni che spingono giocatori nati e cresciuti calcisticamente in Italia ad andarsene?
“Per quella che è la mia storia posso dirti che in Italia avevo avuto diverse offerte ma sempre da società dilettantistiche. Nella mia testa invece c’è sempre stata l’idea di giocare in campionati importanti. Anche perché quando fai sacrifici per tutta la tua vita giovanile e il calcio è la tua passione più grande, vuoi ambire a palcoscenici importanti. L’idea di andarmene è stata presa perché credevo di poter dimostrare di valere in un campionato europeo ed ero certo che facendo bene per una o due stagioni sarebbe capitata una possibilità come quella che sto vivendo ora con l’FCSB. Per me l’estero è stato un trampolino di lancio per dare nuova linfa alla mia vita da calciatore. I vari giocatori nostrani invece che quest’anno han deciso di andar via, credo sia perché avevano bisogno di giocare e trovare spazio. Trovo assurdo che nessuna delle big italiane abbia deciso di puntare su un attaccante come Gianluca Scamacca per esempio. Non mi piace sentir dire che in Italia il talento non c’è. Non dimentichiamoci che solamente l’anno scorso stavamo festeggiando la vittoria nel campionato europeo e trionfare in una competizione così importante non può esser solamente un caso, serve il talento, l’organizzazione e la capacità di fare gruppo intorno a un CT come Mancini che ha sempre creduto nei giovani. Come sempre ci sono dei cicli, son sicuro che presto l’Italia tornerà a splendere grazie anche e soprattutto ai giovani”.
Ringraziamo Andrea per averci dato la possibilità di intervistarlo, noi de La Giovane Italia speriamo tu possa tornare presto qui da noi per continuare a segnare gol, nel frattempo ti auguriamo di continuare con la fantastica stagione che stai vivendo!