Gol, sacrifici e sogni playoff con la Virtus Verona: ecco Contini

Cresciuto tra Empoli e Cagliari, dopo le esperienze con Legnago, Olbia e Francavlila, l’attaccante toscano adesso sogna il playoff alla Virtus Verona
21.03.2025 11:00 di  Francesco Benincasa   vedi letture
©Gianluca Contini
©Gianluca Contini

È stata una settimana straordinaria per Gianluca Contini, attaccante della Virtus Verona, autore di 2 gol in 3 partite. Con una vittoria, una sconfitta e un pareggio, la squadra veronese resta in piena corsa per i playoff e, con il suo bomber, sogna un finale di stagione da protagonista.

Partiamo dalla stagione del campionato, dove l'ultima settimana per te è stata particolarmente positiva.

“È stata una settimana molto positiva. Al di là dei risultati di squadra - purtroppo giovedì abbiamo subito una sconfitta nell'infrasettimanale contro il Trento, che è comunque una squadra forte - in settimana sono riuscito a segnare due gol e per me hanno un grande significato. Venivo da un periodo in cui avevo giocato poco, quindi sono felice di aver ripagato la fiducia che mi è stata data nel miglior modo possibile. Per il resto, come dicevo prima, affrontare tre partite in una settimana non è semplice dal punto di vista della gestione delle energie, ma tutto sommato è andata bene. Abbiamo ottenuto una vittoria, un pareggio e una sconfitta, mantenendo comunque una buona posizione in classifica. Siamo ancora in una zona medio-alta, il che è positivo”.

Siete ancora pienamente in corsa per i playoff.

“All'inizio della stagione il nostro obiettivo era la salvezza, che siamo riusciti a raggiungere in anticipo e con grande entusiasmo, grazie a una serie di ottimi risultati. Questo ci ha permesso di concentrarci su un nuovo traguardo, ovvero i playoff. Mancano sei partite e siamo lì, quindi ora cercheremo di ottenere la miglior posizione possibile in vista della fase finale. Come sai, avere una posizione vantaggiosa è fondamentale per garantirsi benefici, come un miglior piazzamento nei risultati o la possibilità di giocare in casa”.

Iniziamo a riavvolgere il nastro e partiamo dalla scuola calcio Golfo Follonica. Tu sei di Massa Marittima, quindi sei a pochi minuti di distanza. Raccontami un po', che ricordi hai di quel periodo?

“Ero molto piccolo, avevo solo cinque anni. La passione per il calcio mi è stata trasmessa da mio padre, che mi ha portato a giocare, e io ero felicissimo. Con il tempo questa passione è cresciuta sempre di più. All’epoca ero un bambino che si divertiva, senza pensare troppo a quello che sarebbe stato il mio percorso futuro. Ho un bellissimo ricordo di quel periodo: spensieratezza e puro divertimento”.

In famiglia il calcio era vissuto in modo particolare o eravate una classica famiglia italiana, dove il calcio è parte della quotidianità ma senza un coinvolgimento troppo speciale?

“Esattamente come hai detto tu: una classica famiglia italiana, in cui il calcio si seguiva con passione. La domenica guardavamo spesso il Cagliari perché mio padre è sardo, quindi ho questo ricordo molto vivido. È stato proprio lui a trasmettermi principalmente la passione per il calcio”.

Sul Cagliari ci torneremo più avanti, visto che ha avuto un ruolo importante nella tua crescita. Prima arriva l’Empoli, che è sempre stato uno dei settori giovanili di riferimento per i ragazzi della tua età. Come hai vissuto quel passaggio?

"È stato un grande cambiamento. Da una squadra di provincia sono passato a una realtà più importante, con entusiasmo ma anche sacrifici. Mio padre mi accompagnava agli allenamenti dopo scuola, facendo avanti e indietro da Follonica. A 14 anni, poco prima di poter entrare in convitto, mi sono trasferito a Empoli, iniziando il vero percorso di crescita per puntare in alto”.

E come hai vissuto il fatto di andare a vivere da solo?

"All'inizio è stato difficile adattarmi al cambiamento, passando da un piccolo paese toscano a Empoli, con una scuola e un ambiente completamente diversi. Dopo un periodo di ambientamento, però, mi sono adattato rapidamente e ho iniziato a sentirmi a mio agio”.

Ho visto che c’è stato anche un passaggio a Livorno.

“Sì, perché dopo tanti viaggi avanti e indietro con mio padre, poverino, non ce la faceva più a sostenere quel ritmo. Così ho trascorso un anno a Livorno, in attesa di poter entrare in convitto a Empoli. È stato un anno di passaggio, dopo il quale l’Empoli mi ha ripreso e sono tornato lì, questa volta vivendo direttamente nel convitto”.

La tua vera maturazione calcistica è avvenuta a Cagliari. Considerando che tuo padre è tifoso del Cagliari, voglio sapere innanzitutto come è stata accolta la notizia in famiglia.

“È stata accolta molto bene, anche perché rappresentava un cambiamento importante per me, visto che mi trasferivo abbastanza lontano. Però ho avuto un grande supporto dalla famiglia. Come ti dicevo, mio padre è sardo, quindi ho nonni e zii a Cagliari, una parte della mia famiglia vive lì. Questo mi ha aiutato molto ad ambientarmi. Certo, non avevo accanto mia madre e mio padre tutti i giorni, ma potevo contare sul supporto di altri familiari, e questo ha reso tutto più semplice”.

E a livello calcistico, più che umano, come hai vissuto il passaggio al Cagliari?

"È stato un cambiamento radicale, confrontandomi con squadre forti e giocatori di alto livello. Era una sfida stimolante e divertente, con l’emozione di affrontare avversari prestigiosi. Inoltre, vivendo su un’isola, viaggiare spesso in aereo per le trasferte rendeva l’esperienza ancora più speciale”.

Parliamo dell'anno in Primavera, quando vinci il titolo di capocannoniere. Con il Cagliari hai disputato stagioni di alto livello, migliorando costantemente i tuoi numeri, fino a raggiungere questo traguardo.

"È stato l'anno più bello. Nonostante un inizio complicato per l’incertezza legata al Covid, siamo cresciuti e io ho iniziato a segnare con continuità. Trovare il gol mi ha dato fiducia, rendendo la stagione ancora più soddisfacente. Alla fine della stagione mi sono tolto una grande soddisfazione, anche perché quell’anno c’erano tantissimi giocatori di talento, molti dei quali oggi giocano in Serie A o in campionati importanti. Ho un bellissimo ricordo di quel periodo”.

In tutto questo percorso, c’è una persona in particolare che senti di dover ringraziare? Può essere un compagno, un allenatore, un dirigente, un magazziniere... lascio a te la scelta.

“Se devo scegliere, mi ricollego all’ultimo anno a Cagliari, quando ho avuto Agostini come allenatore. Lo ringrazio perché ha creduto in me e mi ha dato fiducia, mettendomi nelle condizioni di esprimermi al meglio. Per me è stato come un padre, e per questo gli sono molto grato”.

Dopo l'esperienza in Primavera, inizia il classico valzer dei prestiti, anche perché il Cagliari stava vivendo stagioni importanti tra Serie A e Serie B. La tua prima tappa è stata al Legnago, dove hai affrontato il passaggio al calcio dei grandi. Volevo sapere quali difficoltà hai incontrato, perché passare da un ambiente strutturato come quello di Cagliari a una realtà diversa, con meno comfort, può essere un cambiamento significativo.

“Sì, infatti all’inizio ho fatto un po’ di fatica. I primi mesi, forse fino a gennaio, sono stati difficili perché mi trovavo in un ambiente nuovo e affrontavo le difficoltà della categoria. La Serie C non è affatto semplice: ci sono giocatori esperti, squadre attrezzate per vincere e tanti calciatori che hanno giocato in categorie superiori. In Primavera il livello è alto, ma tutti i giocatori hanno più o meno la stessa età, quindi le dinamiche sono diverse. In Serie C, invece, affronti gente con più esperienza, e questo si sente. All’inizio ho avuto difficoltà, ma piano piano ho iniziato a trovare i primi gol e da lì le cose sono migliorate. Alla fine è stata una stagione molto positiva per me: era la mia prima esperienza in Serie C e, se non sbaglio, ho segnato otto gol”.

Poi c’è stata l’esperienza a Olbia, un’altra tappa importante, sempre in Sardegna.

"Sì, in Sardegna il Cagliari è seguito ovunque, tranne a Sassari e Olbia, dove ci sono altre realtà. Nel resto dell’isola il tifo è ovunque, e lo percepisci ogni volta che scendi in campo. Ad Olbia ho vissuto un’esperienza bella. Nel mio primo anno ho segnato tre o quattro gol e siamo riusciti a salvarci. Venivo dal ritiro con il Cagliari, che in quel momento era in Serie B, poi sono passato a Olbia. Non è stata forse una stagione eccezionale come quella al Legnago, ma mi sono divertito, mi trovavo bene e alla fine è andata bene nel complesso”.

E poi è arrivata la Virtus Francavilla. So che la stagione scorsa non è andata benissimo, con la retrocessione, ma è comunque un’altra realtà del Sud, dove il calcio è vissuto con grande passione.

"Sì, nel Girone C della Serie C tutte le squadre hanno tifoserie molto presenti. C’è sempre atmosfera quando entri in campo, e giochi in stadi storici del calcio italiano, come Messina, Avellino, Catania. In quei posti la categoria conta poco, perché l’amore per la maglia viene prima di tutto. Anche a Francavilla, che è una realtà più piccola, lo stadio era sempre pieno, sia in casa che in trasferta. È stata un’esperienza che mi ha fatto crescere e mi ha fatto capire quanto sia bello giocare in ambienti così caldi. Ovviamente, se le cose vanno bene è tutto più semplice, ma anche nelle difficoltà il supporto del pubblico ti dà una spinta in più".

Andiamo a parlare dell’Almanacco LGI. In un anno sei stato paragonato a Enrico Chiesa, negli anni successivi a Mertens. A livello tecnico e realizzativo, in quale dei due giocatori ti rivedi di più?

"Enrico Chiesa è stato un grandissimo giocatore, quindi il paragone mi fa molto onore. Però, se devo scegliere, mi rivedo di più in Mertens, anche perché ho un ricordo più nitido del suo stile di gioco. Inoltre, per il ruolo che ho sempre ricoperto, spesso da seconda punta, e per caratteristiche tecniche, mi sento più vicino a lui”.

C’era un giocatore a cui ti ispiravi quando eri piccolo? E oggi invece, c’è qualcuno dal quale cerchi di "rubare" con gli occhi? Non per forza un campione da Champions League, può essere anche un ex compagno di squadra in Primavera o in Serie C.

Ho sempre detto che mi piace Federico Chiesa, mi è sempre piaciuto il suo modo di giocare, il suo spirito, tutto. Poi ho avuto la fortuna di condividere il campo con Ragazzu, che è un giocatore fortissimo e che forse avrebbe meritato qualche categoria in più. In generale, cerco di osservare e imparare da chiunque, sia dai compagni di squadra che dagli avversari. Ogni giocatore ha qualcosa da cui si può prendere spunto, dalla qualità tecnica alla mentalità in allenamento. Non ho un modello fisso, ma guardo chi mi colpisce di più in quel momento”.

Che obiettivi ti eri posto all’inizio della stagione a livello personale?

“Sarò sincero: ero contento di venire alla Virtus Verona perché sapevo che qui c’erano le condizioni per crescere e lavorare bene. Tanti giocatori sono passati da qui e hanno fatto bene, quindi ero felice di arrivare in un ambiente sereno e professionale. Non mi ero prefissato un numero di gol, tipo "devo farne dieci". Più che altro volevo riscattare le ultime stagioni, che a livello realizzativo non erano state esaltanti. Non volevo mettermi pressione da solo, quindi sono arrivato con entusiasmo, senza pensare troppo ai numeri. Sapevo che se avessi avuto le mie occasioni, qualche gol sarebbe arrivato. Per ora ci sto riuscendo, ci sono ancora sei partite e vediamo come va a finire. Ma, ripeto, non avevo obiettivi rigidi”.

Quando arriverà il momento di smettere, hai già iniziato a pensare a cosa ti piacerebbe fare? Ti piacerebbe restare nel mondo del calcio o magari riprendere gli studi per cambiare completamente settore?

"Ancora un’idea chiara ancora non ce l’ho. Però è un tema importante, perché la carriera di un calciatore dura 10-15 anni, quindi bisogna pensarci. Mi piacerebbe rimanere nell’ambito sportivo, perché è l’ambiente in cui mi sento più ferrato, lo vivo ogni giorno e ne conosco le dinamiche. Ma è anche vero che per restare nel settore servono competenze specifiche, quindi probabilmente dovrei intraprendere un percorso di studi o formazione. Per ora non ho deciso nulla, ma più passa il tempo, più inizio a rifletterci. È un passo fondamentale per il futuro”.