L'esordio con la prima Atalanta del Gasp, la Nazionale e ora il Vicenza: ecco Capone!
Christian Capone è un giocatore dinamico che spicca per la sua tecnica, rapidità nello stretto e dribbling. Cresciuto nel settore giovanile dell'Atalanta, ha fatto parte di ben 6 edizioni dell'Almanacco LGI, venendo spesso paragonato a giocatori del calibro di Del Piero e Di Natale. Dalla Nazionale giovanile al debutto con Gasperini, fino alla "maturità completata" con Zeman: la sua carriera raccontata in esclusiva a La Giovane Italia.
Buongiorno Christian e grazie per la disponibilità. Partiamo dalla stagione in corso. Domenica hai segnato il tuo primo gol in campionato, raccontaci qualcosa su questa rete e parlaci un po' della stagione che sta vivendo il Vicenza.
"Diciamo che è una stagione molto positiva, perché stiamo disputando un campionato importante e stiamo vincendo molte partite. La piazza ci sostiene, i tifosi ci seguono con grande entusiasmo e la società è di alto livello. Ci sono tutti i presupposti per fare bene. Purtroppo, al momento siamo un po’ distanti dal primo posto, ma sono convinto che, qualora riuscissimo a trovare continuità, potremmo raggiungere un obiettivo importante, quello che tutti desideriamo. Per quanto riguarda il primo gol, sono molto contento perché lo cercavo da tempo. Avevo segnato in Coppa Italia, ma segnare in una partita importante come quella dell’altro giorno, giocata in casa, è stato davvero emozionante. Spero di poter essere ancora decisivo, segnando, facendo assist e aiutando i compagni a vincere le partite per cercare di arrivare al primo posto".
Sei stato inserito 6 volte nell’Almanacco LGI, un traguardo che condividi con pochissimi. Che ne pensi?
"Mi fa molto piacere! Non sapevo in quante edizioni fossi stato inserito nel libro. Ricordo però che, da ragazzino, ai tempi dell’Atalanta, La Giovane Italia era molto seguita, perché metteva in evidenza i giovani promettenti dei settori giovanili. Essere stato tra i più citati e presenti nell’Almanacco mi rende davvero orgoglioso".
Come molti ragazzi, anche tu hai iniziato giocando nella squadra dell’oratorio. Poi ti sei trasferito in un’altra società, i Soccer Boys, e da lì sei arrivato all’Atalanta. Ma partiamo proprio dai tuoi inizi: cosa ricordi di quegli anni spensierati?
"Sono stati i primissimi anni di calcio, quando tutto è iniziato. Giocavo nell’oratorio vicino casa e, essendo così giovane, pensavo solo a divertirmi e a giocare con i miei amici. Poi sono passato al Soccer Boys, una società dilettantistica che, a quei tempi, aveva un buon livello. È lì che sono stato notato dall’Atalanta, una società storica che mi ha permesso di crescere, di fare tutto il percorso nelle giovanili e di compiere il salto di qualità".
Ho letto che, a sette anni, eri vicino a lasciare il calcio per le arti marziali...
"No, questa non è vera (ride, ndr). Mio padre era appassionato di arti marziali e ho provato qualche lezione, ma non faceva per me. Sono sempre stato concentrato solo sul calcio".
Parliamo di Bergamo e dell’Atalanta. È stato un salto importante per te, perché sei stato preso giovanissimo. Anche se nei settori giovanili professionistici si è ancora piccoli e "cullati", giocare in una grande società è ben diverso dalla squadra dell’oratorio. Qual è stato il cambiamento più significativo che hai percepito?
"Sono arrivato a Bergamo molto giovane, avevo 11 anni. I primi due anni non sono stati facili, perché mi trasferivo da una società dilettantistica a una realtà come l’Atalanta, dove molti ragazzi erano già lì da tempo. La differenza si notava subito, ed è stato difficile adattarmi. Però è stato fondamentale non mollare: nonostante il livello fosse alto e le soddisfazioni tardassero ad arrivare, ho sempre creduto nelle mie capacità. Devo tanto ai sacrifici dei miei genitori, che mi accompagnavano ogni settimana da Milano a Bergamo per allenarmi e giocare. Anche loro, a volte, avevano momenti di sfiducia, ma mi sono stati sempre vicini. Col tempo, le cose si sono sistemate, ho raggiunto il livello richiesto e ho completato il percorso giovanile con soddisfazioni, come l’esordio in Prima Squadra in Coppa Italia".
Prima di parlare del tuo esordio, vorremmo farti una domanda riguardo al 2017, anno in cui forse tocchi la vetta più alta a livello di squadra vincendo sia il campionato che la Supercoppa. Quali ricordi conservi di quella stagione?
"È un ricordo fantastico, anche perché avevamo una squadra veramente forte, quella del '99. Molti di quei giocatori oggi giocano ad altissimi livelli. È stato un anno molto divertente, pieno di soddisfazioni. In panchina c'era il mister Brambilla, che ora è tornato alla Juventus, un allenatore che sapeva metterci a nostro agio e farci divertire. Direi che è stato l'anno migliore della mia esperienza nelle giovanili, sia a livello numerico che di soddisfazioni personali. Quindi ricordo quell'anno con grande felicità".
Hai citato l’esordio in Coppa Italia. Parliamone un po’: a 17-18 anni ti sei trovato nello spogliatoio con ragazzi, alcuni poco più grandi di te, ma altri decisamente più esperti, che giocavano nella massima categoria. Con un allenatore che, sebbene ti vedesse come un giovane, pretendeva comunque che fossi all’altezza. Come hai vissuto quell’esperienza?
"È stato un esordio del tutto inaspettato, soprattutto perché non mi aspettavo di partire titolare. Pensavo magari di avere una chance in Coppa Italia, quando spesso si dà spazio ai giovani. In squadra eravamo tre o quattro ragazzi provenienti dalla Primavera: io, Melegoni, Bastoni. Ma partire titolare in quella partita è stata una sorpresa. Ricordo che il mister, Gasperini, il giorno prima o la mattina stessa della gara, mi ha comunicato che avrei giocato dal primo minuto. È stato un momento molto emozionante: da un lato mi trovavo improvvisamente a giocare con calciatori di altissimo livello, dall’altro era la mia prima partita vera, in casa, a Bergamo, davanti al nostro pubblico. È stata un’esperienza incredibile che ricordo con grande soddisfazione".
Qual è, secondo te, il segreto del successo di Gasperini? Anche nei periodi in cui otteneva meno risultati, la sua Atalanta si è sempre distinta per un’intensità straordinaria.
"Gasperini ormai è un allenatore di fama mondiale, non è più possibile definirlo 'normale'. È straordinario, sia per l’intensità che riesce a trasmettere nel gioco e negli allenamenti, sia per il suo approccio unico al calcio. I suoi metodi sono molto specifici, con tantissimo lavoro sull’uno contro uno e su situazioni ad alta intensità. Non tutti gli allenatori seguono questi metodi. Da quando è arrivato all’Atalanta ha cambiato radicalmente la squadra e la società, portandola ogni anno a lottare per le prime posizioni. Per me è stato un onore potermi allenare con lui, anche se per un breve periodo".
C’è qualcosa che Gasperini ti ha trasmesso e che porti ancora con te? O, più in generale, c’è qualche allenatore delle giovanili che ti ha influenzato in modo particolare?
"Con Gasperini sono stato solo qualche mese, ero ancora un ragazzo di 17 anni. Lui mi trattava come un giovane della Primavera, ma devo dire che si è sempre interessato molto ai giovani, venendo spesso a vedere le nostre partite. Non posso dire che mi abbia lasciato qualcosa in particolare, dato il poco tempo trascorso con lui, ma ho visto quanto ci tenesse alla crescita dei ragazzi. Tra gli allenatori che ho avuto nelle giovanili, invece, mister Brambilla mi ha dato tantissimo. È stato lui a permettermi di esprimermi ad alti livelli, e lo ricordo con grande gratitudine".
Passiamo al tuo prestito al Pescara. È stato il tuo primo vero passo nel calcio dei grandi. Quali difficoltà hai incontrato
"Sì, è stato il mio primo anno tra i professionisti, subito dopo essere uscito dalla Primavera dell’Atalanta. A Pescara c’era Zeman, un allenatore che mi chiamò personalmente. Come tutti sanno, i suoi allenamenti sono estremamente intensi e faticosi, soprattutto il ritiro. Ma avevo 17-18 anni, ero giovane e spensierato e per me era una grande opportunità. Quella stagione è stata intensa sotto ogni punto di vista: Pescara è una piazza importante, con una tifoseria molto calorosa e arrivava da un’annata difficile in Serie A. Nonostante fossi così giovane, sono riuscito a segnare sette gol e ho vissuto momenti indimenticabili".
Facciamo di nuovo un passo indietro: hai avuto la possibilità di giocare in tutte le categorie giovanili della Nazionale, fino all’Under 21. Che ricordi hai di quel periodo?
"Indossare la maglia della Nazionale è il massimo per ogni calciatore. Ricordo che ogni convocazione era un momento di ansia e speranza. Ho avuto la fortuna di partecipare a molte competizioni internazionali, vivendo esperienze fantastiche. Anche se il mio percorso si è fermato all’Under 21, sono grato per quegli anni e per l’opportunità di rappresentare l’Italia a livello giovanile".
Nel tuo percorso hai giocato con tanti ragazzi che oggi sono ai vertici del calcio italiano. Come ti fa sentire sapere di aver condiviso il campo con loro? E pensi che la presenza di una seconda squadra dell’Atalanta avrebbe potuto aiutare la tua carriera?
"Sicuramente rimanere a Bergamo, anziché andare in prestito, avrebbe fatto la differenza. Essere sempre in contatto con la Prima Squadra e con Gasperini è un vantaggio enorme. Quando sono tornato l’anno scorso, dopo annate difficili, ho ritrovato serenità e spensieratezza. Sono felice per i miei ex compagni che oggi giocano a livelli altissimi, ma non provo invidia. Ognuno ha il suo percorso e io sono contento della mia carriera. Adesso sono a Vicenza, una piazza fantastica, e spero di continuare a crescere qui".
Nel nostro Almanacco ti hanno paragonato a Del Piero, Di Natale, El Shaarawy e perfino Lavezzi. In quale di questi giocatori ti rivedi di più?
"Sono paragoni che fanno piacere, ma sono giocatori di un livello altissimo. Di tutti, direi che Del Piero e Di Natale sono quelli che ammiro di più: fantasiosi, tecnici, con colpi straordinari. Mi ispirano molto".
C’è un giocatore, del passato o attuale, che hai sempre ammirato?
"Da ragazzo ammiravo Neymar e Cristiano Ronaldo, guardavo i loro video per cercare di imparare qualcosa. Più recentemente, avendo giocato con Papu Gomez, ho cercato di rubare qualcosa al suo modo di giocare: eravamo simili per ruolo e caratteristiche e allenarmi con lui è stato molto utile".
Ultima domanda: quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
"Adesso penso solo a fare bene con il Vicenza. Sono qui in prestito e il mio obiettivo principale è essere riscattato, continuare a dare il massimo per questa maglia e portare la squadra più in alto possibile. Spero di continuare a crescere e, un giorno, di giocare di nuovo in categorie superiori".