Il Pescara, la Serie A con Allegri, la Nazionale e ora il Pineto: l’intervista a Del Sole!
In un’intervista esclusiva per La Giovane Italia, l'attaccante del Pineto Ferdinando Del Sole in gol lo scorso weekend contro il Perugia, racconta i suoi obiettivi attuali e ripercorre le tappe principali della sua carriera, dal calcio di strada al professionismo, senza dimenticare le emozioni uniche vissute con la Nazionale e la Juventus.
Partiamo dalla stagione attuale: quali obiettivi ti sei prefissato a livello personale? E quali sono gli obiettivi di squadra per il Pineto?
A livello personale, il mio obiettivo è continuare a crescere e a migliorarmi, lavorando su ogni dettaglio per essere sempre determinante in campo. Voglio dare un contributo concreto alla squadra. Per il Pineto, l’obiettivo principale è riuscire a raggiungere il prima possibile la salvezza, cercando di arrivare più in alto possibile.
Ripercorriamo la tua storia: hai iniziato a giocare a calcio per strada, poi l’AC Centro Ester è diventato il tuo primo grande palcoscenico, attirando l’interesse di squadre come Milan e Roma, fino ad approdare al Pescara. Puoi raccontarci questo periodo della tua carriera?
Ho iniziato giocando per strada, come tanti ragazzi della mia età, poi sono approdato alla scuola calcio Centro Ester che mi ha permesso di crescere tecnicamente e mettermi in mostra. In quel periodo sono arrivati gli interessamenti di club importanti come Milan e Roma, ma il Pescara si è rivelato la scelta migliore. Era una società che credeva nei giovani e dava loro spazio, e questo mi ha permesso di esprimermi al meglio e di compiere il primo passo importante nella mia carriera.
Con il Pescara hai avuto una crescita importante: figure come Antonio Di Battista e Massimo Oddo hanno sempre speso belle parole su di te. Cosa rappresentano per te questi due personaggi e che ricordi hai di quel periodo?
Antonio Di Battista è stato fondamentale nel mio percorso di crescita: credeva in me, mi spronava e mi dava i consigli giusti. Era una guida, una figura che sapeva come valorizzare i giovani. Massimo Oddo, invece, è stato un allenatore con una mentalità vincente. Ho imparato tanto da lui, sia dal punto di vista tattico che umano. Quel periodo al Pescara è stato speciale, fatto di duro lavoro, crescita personale e tante soddisfazioni.
Durante il tuo percorso al Pescara è arrivata anche la Nazionale: che emozione hai provato nel vestire per la prima volta la maglia azzurra?
Vestire la maglia della Nazionale è stato un sogno che si è realizzato. È difficile descrivere l’emozione: orgoglio, felicità e un senso di responsabilità enorme. È il premio per tutti i sacrifici fatti fino a quel momento.
Poi c’è stata l’esperienza alla Juventus: cosa ha significato per te entrare a far parte di un club così importante?
Entrare nella Juventus è stato un grande traguardo e una conferma del lavoro che avevo svolto fino a quel momento. È un club di livello mondiale, dove ogni dettaglio è curato alla perfezione. Essere parte di una squadra così prestigiosa mi ha fatto crescere sia come calciatore che come persona. Ho avuto l’opportunità di confrontarmi con campioni straordinari e di vivere un ambiente dove la mentalità vincente è radicata in ogni aspetto.
Raccontaci il passaggio al calcio professionistico: come hai vissuto il salto nel “calcio dei grandi”? Quali sono state le principali difficoltà e soddisfazioni?
Il salto al calcio professionistico è stato emozionante ma anche impegnativo. La velocità del gioco, la pressione e il livello degli avversari erano molto diversi rispetto a quanto avevo sperimentato nelle giovanili. All’inizio ci sono state difficoltà, ma con il lavoro quotidiano e il supporto di allenatori e compagni sono riuscito ad adattarmi. Le soddisfazioni più grandi sono arrivate quando ho iniziato a sentirmi all’altezza, contribuendo alle vittorie della squadra e sentendo la fiducia dell’ambiente.
Vincenzo Fiorillo, tuo compagno ai tempi del Pescara, ti definiva "lo Scugnizzo": da dove nasce questo soprannome?
Il soprannome “Scugnizzo” viene dalla mia personalità e dalle mie origini. Sono cresciuto a Napoli, in un contesto dove la strada ti insegna a cavartela, ad avere carattere e a lottare per ciò che vuoi. È un termine che mi rappresenta bene, perché riflette il mio spirito combattivo e la mia capacità di adattarmi alle situazioni, sempre con un pizzico di fantasia.
Nel nostro almanacco, dove sei stato inserito per ben 5 volte, ti abbiamo paragonato a Ozil, Van der Vaart, Ilicic e Berardi: in quale di questi giocatori ti rivedi di più? C’è un calciatore a cui ti sei ispirato o a cui ti ispiri ancora oggi?
Sono onorato di essere paragonato a giocatori di questo calibro. Tra quelli citati, mi rivedo forse di più in Ilicic per la capacità di inventare giocate e vedere spazi dove altri non li vedono. Cerco di prendere ispirazione anche da altri campioni.