Cresciuto nel Parma, oggi all’Arzignano: l'intervista a Andrea Mattioli

Dalla sua ultima doppietta contro il Caldiero agli esordi con il Sassuolo di De Zerbi: la storia di Andrea Mattioli per La Giovane Italia
06.12.2024 11:30 di  Francesco Benincasa   vedi letture
Andrea Mattioli @Arzignano
Andrea Mattioli @Arzignano

Andrea Mattioli è un giovane calciatore classe 2001 che, passo dopo passo, si sta affermando nel panorama del calcio italiano. Attualmente in forza nel girone A di Serie C con L’Arzignano, Mattioli ha realizzato una doppietta importante nell’ultimo incontro contro il Caldiero Terme, regalando 3 punti preziosi alla sua squadra.

Sei tornato titolare in questa stagione, e di recente hai segnato una doppietta contro il Caldiero. È stato un weekend da ricordare per te…
"Sì, sono molto contento per i due gol, ma soprattutto per la vittoria della squadra. Quei tre punti erano fondamentali per la nostra corsa alla salvezza. Lakti mi ha servito una palla perfetta, ho visto che il difensore non poteva arrivarci e ho deciso di lanciarmi in scivolata, cercando di evitare il portiere. Per fortuna è andata bene!".

Ma il tuo percorso parte da lontano. Raccontaci come hai iniziato.
"Ho cominciato a giocare con la squadra del mio quartiere, poi sono passato al Juventus Club di Parma, la mia seconda squadra. Dopo aver ottenuto buoni risultati, ho partecipato a un torneo dove il Parma selezionava ragazzi di 10-12 anni. Lì ho fatto bene e mi hanno preso. Sono rimasto fino al fallimento della società. È stata un’esperienza fantastica: il livello era molto alto e c’era grande competizione. Ogni anno sapevi che dovevi impegnarti per essere confermato. Nonostante tutto, i primi anni sono stati molto belli: eravamo tanti amici e ci conoscevamo tutti".

Giugno 2015, Chianciano Terme: cosa ti viene in mente?
"Penso subito alla finale persa contro l’Inter. Ero sottoquota: avevo giocato tutto l’anno con la mia categoria, ma a fine stagione mi portarono con i 2000. Anche se era un momento difficile per il Parma, non ci hanno mai fatto mancare nulla. Purtroppo perdemmo la finale, ma resta comunque un’esperienza bellissima. In quel periodo già sapevamo che il Parma si sarebbe sciolto, anche se l’ufficialità non era ancora arrivata".

Come hai vissuto lo scioglimento del Parma? Era la squadra della tua città e immagino che molti compagni abbiano preso strade diverse.
"Come detto, sapevamo già che la società sarebbe fallita, però è stata  comunque un’emozione strana. A 14 anni capisci che non giocherai più con alcuni compagni con cui avevi condiviso 6-7 stagioni. Per fortuna, qualcuno l’ho ritrovato a Sassuolo".

A proposito di Sassuolo, lì hai continuato a crescere come calciatore…
"Mi sono trovato bene fin dal primo anno. Ho fatto molto bene nella mia categoria, fino ad arrivare alla Primavera e poi agli allenamenti con la prima squadra sotto la guida di De Zerbi".

Raccontaci questa esperienza con la prima squadra del Sassuolo.
"È stato incredibile. Una sera mi ha chiamato Palmieri, il direttore della Primavera (oggi della Prima Squadra), dicendomi che avrei dovuto unirmi agli allenamenti della prima squadra con altri ragazzi. Era il periodo del Covid, quindi servivano più giocatori per rispettare le restrizioni. I ritmi erano completamente diversi. De Zerbi propone un calcio molto esigente: devi sapere tutto a memoria. Lo stacco tra Primavera e prima squadra si sente, ma ci hanno sempre supportati. Un aiuto speciale veniva da Magnanelli, che ci dava sempre consigli preziosi".

Palmieri ha avuto un ruolo importante nella tua carriera. Cosa rappresenta per te?
"Lui è stato il mio primo direttore, dai tempi del Parma. Mi ha cresciuto calcisticamente e mi sono sempre trovato benissimo con lui. Gli devo tanto".

Nel nostro almanacco sei stato paragonato a giocatori come Lewandowski, Pazzini e Morata. Ti rivedi in qualcuno di loro? E oggi, a chi ti ispiri?
"Il paragone con Morata mi è rimasto impresso, anche perché ho l’Almanacco a casa. Mi piace molto come giocatore: lavora per la squadra e lega il gioco. Oggi ammiro Lautaro Martinez: è un attaccante che lotta, si dà da fare e gioca per la squadra. Da piccolo, invece, il mio idolo era Del Piero. Essendo juventino, lo adoravo. Anche Morata, però, mi ha influenzato molto nei suoi anni alla Juve".

Com’è stato il passaggio dal calcio giovanile al calcio dei grandi?
"Il cambiamento si sente, soprattutto perché diventa un lavoro vero e proprio: i giocatori devono portare il pane a casa. Io, per fortuna, ho sempre trovato ambienti che mi hanno fatto sentire bene. Il primo anno è stato difficile, soprattutto a livello fisico: i difensori sono più tosti e la competizione è elevata. Dopo Pontedera e Ancona, ora sono ad Arzignano e mi sento cresciuto".

Guardando al futuro, hai già qualche idea oltre al calcio?
"Ho studiato ragioneria, ma non mi ci vedo in quel campo. Se restassi nel calcio, mi piacerebbe fare il procuratore o lo scout. Fuori dal calcio, invece, mi affascina il mondo della finanza, ma richiede molto studio".

E per questa stagione? Quali sono i tuoi obiettivi?
"Non mi sono posto obiettivi personali specifici. Voglio dare il massimo per aiutare la squadra a raggiungere la salvezza il prima possibile. Spero di fare più gol e assist possibile: più ne arrivano, meglio è!".