Ogunseye si racconta: “Crescere nell'Inter è stata un'esperienza bellissima"

Attaccante classe 1995, cresciuto nel settore giovanile dell’Inter. Ogunseye è il centravanti dell'Arezzo con oltre 200 presenze e più di 50 reti in Serie C .
11.10.2024 11:15 di  Francesco Benincasa   vedi letture
Roberto Ogunsey ©Arezzo
Roberto Ogunsey ©Arezzo

In Serie C ha vestito maglie pesanti come quelle di Prato, Olbia, Modena, Foggia e Cesena. Ha oltre duecento presenze e più di cinquanta reti sulle spalle. Ha vinto due campionati di Serie C e sfiorato la Serie A con il Cittadella. Adesso fa esultare la curva dell’Arezzo.

Siamo con Roberto Ogunseye. Ciao Roberto, grazie di essere dei nostri, come stai?
Ciao a tutti, tutto bene, mi sento bene, sono contento di essere qua con voi.

Partiamo dalla storia recente, quella che ti ha visto protagonista in terra sarda, una vittoria per 2-0, con due gol tuoi. L’Arezzo è partito molto bene in stagione…
È stato fantastico, siamo riusciti a portare a casa tre punti fondamentali in una partita difficile dove siamo stati bravissimi a sbloccarla subito. La stagione è partita abbastanza bene, però dobbiamo restare con i piedi per terra, lavorare tanto e fare ancora di più. Bisogna migliorare perché credo che abbiamo ancora margine di crescita.

Il ritorno ti ha visto anche protagonista di un bel siparietto in aereo con i tifosi, dove ti hanno dedicato un coro. Vuoi canticchiarcelo?
(Ride) Scusami, non mi ricordo bene le parole… Comunque è stato molto bello, un giocatore è sempre contento quando il tuo pubblico ti dedica una canzone; è un attestato di stima. Riconoscono il tuo valore, il tuo lavoro, quello che stai cercando di dimostrare tutte le domeniche in campo. Ti fanno sentire parte integrante della città e che faresti di tutto per portare i tre punti a casa.

Poi torneremo a parlare ancora di Sardegna. Riavvolgiamo il nastro e partiamo da Roberto, che nasce a Mantova e poi arriva nel settore giovanile dell’Inter…
Intanto voglio fare chiarezza: a Mantova ci sono solo nato, poi sono cresciuto a Montichiari. Ho iniziato a giocare nella famosa Accademia Montichiarese, che non credo esista più. Come tutti, sono partito dai campi di periferia, dove non c'era neanche l’erba. Da lì ho fatto un po' di provini in giro e a 14 anni sono arrivato all’Inter.

Che esperienza è stata?
La auguro a tutti. Fare parte di un settore giovanile così prestigioso è bellissimo. Hai modo di rapportarti con tantissime persone diverse, con tanti ragazzini provenienti da culture diverse dalle tue. Convivi con persone diverse da te, e questo, secondo me, ti porta a crescere umanamente.

Poi, dopo l'Inter, la prima esperienza “da grande" la fai in Serie D…
Esatto, i primi 6 mesi li ho fatti a Marano, poi sono andato alla Montebelluna. È stata forse la cosa più bella che mi sia capitata, perché ho conosciuto persone fantastiche che mi hanno aiutato a crescere tanto, sia sotto il profilo umano che calcistico. Lì il mio allenatore era il papà di uno dei miei migliori amici attuali, Simone Pasa. Lele Pasa era l’allenatore a Montebelluna, lo ricordo veramente con affetto perché mi ha insegnato tanto, mi ha voluto bene come se fossi suo figlio. L’esperienza in Serie D mi è servita perché non ero ancora pronto per i professionisti; sarebbe stato un salto troppo grande a livello mentale. È stata un’esperienza che mi ha fatto prendere tante botte, quelle giuste, che ti aiutano a crescere, perché comunque alla fine un giovane deve giocare per crescere.

Il primo anno con i professionisti arriva con il Prato...
Mi è servito molto per imparare dai giocatori che avevo davanti a me, come Raffaele Rubino, Jacopo Fanucchi e Riccardo Bocalon. Giocatori che nella categoria tutti conosciamo. Mi hanno sempre trattato come fossi loro fratello più piccolo, dandomi ottimi consigli. Quindi, anche quando magari sbagliavo, mi riprendevano nel modo giusto, e per questo li ringrazio.

Torniamo in terra sarda perché all'Olbia possiamo dire che sei maturato veramente come giocatore.
Sì, sono andato là che ero già “grande”, dopo due anni e mezzo di Serie C e diverse presenze. Anche se devo ammettere che i primi mesi ho fatto fatica. Nelle ultime partite poi mi sono ripreso e credo di aver fatto vedere quelle che erano le mie qualità. Ringrazio il direttore che c’era, Pierluigi Carta, che mi ha parlato tanto e ha creduto in me. A Olbia ho avuto tante gioie, ma purtroppo ho avuto anche un grande infortunio; mi sono rotto il crociato quando stavo andando bene in campionato. In quel periodo ho trovato tante persone fantastiche che mi sono state vicine, una di queste è il nostro preparatore atletico, che è rimasto con me tutta l’estate rinunciando alle sue vacanze. Eravamo solo io e lui; è stato il mio angelo custode.

La Serie B con il Cittadella, un ulteriore step per te… e poi Modena.
È stato un anno importante per me, dove per la prima volta mi ritrovavo in Serie B. La stagione è andata bene, abbiamo fatto i playoff, ma purtroppo l’abbiamo persa. Poi sono andato al Modena, una bellissima città che mi ha accolto benissimo. Poi, cosa dire… abbiamo vinto il campionato. Quindi è stato semplicemente fantastico.

Vai a Foggia e lì vieni rinominato “Big Rob”, un po' a ricordare l'assonanza con Big Rom (Lukaku).
Fa piacere quando ti paragonano a un altro giocatore; vuol dire che stai dimostrando. Quando ti paragonano a un grande attaccante come Lukaku, lo prendi sicuramente come un grande complimento. Anche se, ovviamente, bisogna restare cauti. Lui lo fa in palcoscenici mondiali, io lo faccio in una categoria come la Lega Pro. Quindi bisogna sempre moderare le cose. A Foggia è stato un anno particolare perché abbiamo vissuto momenti bellissimi e momenti difficili. La ricordo comunque come un’esperienza intensa; abbiamo perso la finale playoff, e perdere in finale fa sempre male. Un aneddoto divertente è stato quando i miei compagni di squadra mi hanno rubato la macchina, nascondendomela dentro lo stadio. Sono stato quasi un’ora a cercarla. Inizialmente mi sono arrabbiato, poi adesso ci rido su. Eravamo un grande gruppo.

Dopo è arrivato il Cesena, e lì un’altra vittoria…
Che dire, quando le stagioni vanno in quel modo c’è poco da dire. Sono stagioni fantastiche, irripetibili. Abbiamo scritto la storia della Serie C con il record di punti e vittorie. Sono stato benissimo e ho potuto lavorare con grande gioia. Quando riesci ad andare ad allenarti con il sorriso, riesci a lavorare meglio.

E adesso Arezzo… il presente. Quali sono i tuoi obiettivi personali?
Il mio obiettivo personale non te lo dico, sono scaramantico (ride). Tieniti per te i tuoi obiettivi personali. Quello che posso dirti è che cercherò di fare il meglio possibile, partita dopo partita. Scenderemo in campo sempre per vincere, e quando non ci riusciremo cercheremo di dare fastidio a tutte le squadre.