Gol-vittoria e momento magico a Trento: LGI ritrova Davide Vitturini
L’ultimo incontro ravvicinato risaliva al 2023, quando insieme a mister Bruno Tedino ed il suo attuale compagno di squadra Mattia Sangalli presero parte all’evento di storytelling sul calcio dilettantistico targato Federico Buffa. La Giovane Italia conosce perfettamente i trascorsi di Davide Vitturini, il ritorno al gol (nel 2-0 del suo Trento sulla Giana), dopo oltre 5 anni dall’ultima occasione in cui era andato a segno, ci fornisce però un assist per presentare ai nostri utenti uno dei profili cui siamo maggiormente legati per aspetti anche extra-calcistici attraverso questa piacevolissima intervista.
Ciao Davide per prima cosa è un piacere risentirti. Come ogni intervista del nostro format, partiamo dai tuoi inizi. Nelle tre edizioni dell’almanacco di cui hai fatto parte abbiamo sempre citato come tu sia arrivato a Pescara dal Villa Raspa di Spoltore. Hai qualche allenatore che ricordi con piacere di quel periodo?
“Il primo allenatore che ho avuto, ovvero Fabio Giansante. Ha sempre creduto in me e con il gruppo di cui facevo parte ha svolto veramente un gran lavoro. Siamo cresciuti tanto e ci siamo tolti delle belle soddisfazioni. Attraverso questo percorso sono riuscito a farmi notare dal Pescara, è stato un trampolino di lancio importante”.
Hai citato Pescara, una delle figure chiave una volta approdato nel settore giovanile dei delfini è stata senza dubbio Antonio Di Battista (autore in due schede degli almanacchi in cui sei stato inserito dei “dicono di lui”).
“I direttori, cito insieme a Di Battista anche Ferdinando Ruffini, sono stati fondamentali per la mia crescita. Ero entrato nel giro delle Nazionali Under, si parlava molto di me, e loro mi hanno fatto rimanere piedi per terra. Inoltre ricordo bene anche che con Di Battista in panchina esordii in Primavera pur giocando tre anni sotto età. In quella squadra giocava Federico Di Francesco, debuttai in un Pescara-Ascoli”.
La tua prima vera stagione tra i professionisti è stata indimenticabile: nel 2015-16 inizi l’anno a Teramo per poi tornare in quel Pescara di Oddo che centrò un’incredibile promozione in Serie A…
“Andai a Teramo in accordo con la società per avere la mia prima esperienza tra i professionisti. Incontrai però una situazione un po’ particolare: la squadra veniva da un campionato vinto che venne revocato causa illecito sportivo. Venne mantenuta l’ossatura dell’anno prima e mister Vivarini, a sua volta riconfermato, aveva la sua formazione-tipo, motivo per cui non è stato semplice inserirsi. Ritornai a Pescara a gennaio e da lì iniziarono quelli che ad oggi sono ancora i mesi più belli della mia vita calcistica. Ritrovai in panchina Massimo Oddo che avevo già conosciuto in Primavera e sfruttando le assenze di Mazzotta e Crescenzi mi lanciò in una prima squadra che poteva contare su gente del calibro di Torreira, Mandragora, oltre a Verre che segnò il gol che ci regalò la promozione in finale a Trapani e Lapadula che d’estate andò al Milan. Riuscii a giocare diverse gare tra seconda parte di campionato e playoff, è stata un’annata indimenticabile”.
Dopo quella promozione è poi iniziato un lungo girovagare di prestiti tra Carpi, Carrara e Fano, quanto è stato complicato trovare la propria dimensione cambiando spesso squadra?
“Nelle difficoltà che ho incontrato in ciascuna di queste piazze che hai citato, si è trattato di esperienze che in ogni caso mi sono servite per maturare. A Carpi mi trovai in un contesto simile a Teramo, squadra appena retrocessa dalla A che aveva confermato gran parte dei “senatori”, eravamo competitivi, ma per me non era semplice emergere. A gennaio decisi di cambiare per cercare di trovare più spazio ed andai a Carrara, dove ho avuto modo di conoscere mister Baldini (ora in testa al Girone B col Pescara ride n.d.r.). Lavorare con lui mi ha dato tanto, ho compreso quanto sia importante l’intensità nel calcio, pretendeva il massimo ogni giorno e le sedute d’allenamento erano molto impegnative, con doppie sedute per altro frequenti. Devo però dire che quei carichi di lavoro ce li ritrovavamo in partita. Per quanto riguarda infine Fano, personalmente trovai grande continuità e buone prestazioni. Purtroppo non riuscimmo a salvarci, ma giocare con frequenza mi ha dato molta più consapevolezza nei miei mezzi”.
Tappa successiva, Feralpi Salò, dove ti trasferisci a titolo definitivo in un periodo in periodo particolare poco dopo aver conseguito anche la laurea…
“La laurea è stato un primo traguardo importante, di cui sono molto orgoglioso per esser riuscito a conciliare il doppio impegno calcio-studio, ottenendo inoltre una specializzazione tramite master. Lasciai Pescara subito dopo per andare alla Feralpi proprio in corrispondenza dello scoppio della pandemia. Fortunatamente trovai una società solida, organizzata e strutturata, ed in un anno complicatissimo non ci fecero mancare veramente nulla”.
Proprio in quella stagione, sei stato scelto per redigere una delle prefazioni dell’edizione 2019-20 dell’almanacco de La Giovane Italia. Ci racconti com’è nata questa possibilità?
“Venni preso come esempio della dual career una volta conseguita la laurea, la cosa nacque molto spontaneamente. Ricordo benissimo che raccontai un episodio accaduto a Pescara: avevo a scuola un compito di latino con mister Baroni (allora allenatore della prima squadra) concordammo che avrei raggiunto in ritiro a Vercelli una volta terminato il compito in classe. Uscii prima per poi effettuare il trasferimento col direttore Repetto per una sfida delicata in cui scesi in campo e che portammo a casa per 4-1”.
Un altro tema che come Giovane Italia seguiamo sempre molto da vicino sono i calciatori italiani all’estero. Raccontaci la tua in Bulgaria.
“Era un periodo per me molto particolare. Avevo perso un po’ di stimoli e colsi questa opportunità chiamato da mister Sassarini, ex Primavera del Pescara quando io ero in prima squadra. Il gruppo era costituito da diversi italiani lì al Tsarko Selo e quella per me è stata una rinascita. Ritrovai il piacere ed il divertimento di giocare a calcio in un campionato che fu una sorpresa. Andammo ad un passo dalla salvezza, sfiorando i playout dopo che la squadra aveva chiuso il girone d’andata ad 8 punti. Ho anche imparato un nuovo ruolo giocando spesso da terzino sinistro, mi sento un calciatore molto più duttile”.
A proposito di calciatori italiani che hanno svoltato dopo l’esperienza estera, nella penultima edizione dell’almanacco hai recensito nella voce “visto da lui” quello che oggi forse è uno dei top player del nostro calcio…
“Ricordo bene la mia recensione di Calafiori, da romanista l’ho seguito sempre molto e personalmente non mi attendevo una crescita così dirompente. Lui nasceva come quinto di centrocampo a sinistra, e rivederlo a Bologna a quei livelli, dopo che si erano un po’ perse le sue tracce, è stato sorprendente. Oggi credo sia nella top 3 dei difensori più forti d’Italia, ha tutto classe, potenza, fisicità, intelligenza: è migliorato in tutto. Probabilmente l’esperienza all’estero ha consentito anche a lui di compiere uno switch sul piano della mentalità oltre che di trovare un ruolo perfetto per le sue caratteristiche”.
Capitolo Trento, sei arrivato a stagione in corso dopo essere rimasto svincolato nel 22-23 e stavolta l’impresa per centrare la salvezza diversamente da Fano e dall’esperienza bulgara è finalmente riuscita!
“Quella del primo anno di Trento fu un’impresa clamorosa. Quel filotto di 6 vittorie consecutive con mister Tedino ci ha proiettato verso una salvezza al termine del girone d’andata veramente insperata, girammo a 12 punti. Ne facemmo addirittura 32 nella seconda parte dell’anno, una cavalcata stupenda con un gran bel gruppo creato dall’allenatore. Sul piano tecnico-tattico ho ricoperto diversi ruoli, tutti quelli della difesa a quattro, confermai quella duttilità che sentivo già di aver acquisito in Bulgaria”.
Una curiosità adesso su compagni di squadra che hanno fatto parte degli almanacchi LGI, siccome hai già avuto modo di recensire Calafiori in passato. Pasquale Giannotti (su cui abbiamo anche scritto recentemente un approfondimento) e Francesco Pio Vallarelli sono due ex almanaccati su cui poter scommettere in futuro?
“Sono in primis due ragazzi simpaticissimo. Pasquale è arrivato lo scorso anno in punta di piedi per poi affermarsi in questa stagione con ben 3 gol. Sta facendo veramente grandi cose, ha strappi ed inserimenti che si sposano perfettamente con gli schemi di mister Tabbiani. Per quanto riguarda invece Vallarelli, trattandosi di un 2005, sta incontrando qualche difficoltà in più anche perché il mister soprattutto ai centrocampisti insegna calcio e non è semplice imparare tanti nuovi concetti tutti insieme (anche se questa è secondo me per lui una fortuna). È però un ragazzo con grandissime potenzialità che può però secondo me ambire anche ad una categoria superiore alla Serie C guardando in prospettiva mettendoci sia la testa che la voglia giusta”.
Avete inanellato una serie di risultati utili impressionante che dura da ben 15 gare in cui siete imbattuti ed hai anche trovato il tuo primo gol con questa maglia domenica scorsa. Si può parlare di obiettivi fissati da qui a fine anno?
“Per prima cosa vorrei dire, la vera forza di questo Trento è quella di avere praticamente l’intero organico costantemente coinvolto: tutti riescono a ritagliarsi uno spazio importante. Noi non ci poniamo limiti, pensiamo che sia un anno importante in cui la squadra ha qualità, non dobbiamo abbassare la guardia ed anzi, nel breve vorremmo alzare ancora di più l’asticella. Non sappiamo dove possiamo arrivare, ma siamo convinti di poter continuare a dire la nostra senza accontentarci di quanto fatto finora”.