Sinistro a Giraudo: la “mia” Lega Pro. Tanto fascino quanto necessità di rinnovamento

Torna la rubrica scritta e realizzata dal nostro Federico, che quest'oggi ci racconta degli impianti e delle potenzialità di un campionato come la Serie C.
26.10.2024 14:00 di  Stefano Rossoni   vedi letture
©️Instagram/federicogiraudo11
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La scorsa domenica sono tornato a giocare ad Ascoli, in uno stadio che conosco bene essendo al quarto anno di fila come trasferta fissa. Ancora ricordo nitidamente la prima volta al “Del Duca”: il rumore dei tifosi, gli spogliatoi degni di un impianto di categoria superiore, le condizioni del campo perfette. Un impianto iconico, che mi ha sempre affascinato. Uno di quelli che ti fa sentire fortunato ad essere calciatore.

E non è il solo. Giocare in Serie C però rappresenta un'esperienza molto singolare da questo punto di vista. Innanzitutto permette di vivere direttamente la diversità dicotomica delle strutture calcistiche italiane. Da un lato, stadi rinnovati, capaci di offrire un'esperienza di gioco e di pubblico molto simile a standard europei conclamati. Mi soffermo dapprima su questi, per poi arrivare al ragionamento consequenziale. 

Entrare al Mazza di Ferrara, ad esempio, consegna la sensazione di essere parte di uno spettacolo sportivo ben organizzato, soprattutto capace di conferire calore e passione con la spinta dei tifosi maggiore quando le tribune restano più vicine al campo. Così come il Ciro Vigorito di Benevento, un impianto impressionante per grandezza e per cura del terreno di gioco e degli spogliatoi

Risalgo al Nord, tra Cesena e Vicenza, due le realtà che conosco bene vestendo la maglia bianconera e biancorossa. Ecco, la nitida sensazione di giocare in 12 mi è capitata soprattutto in queste due piazze. Merito in gran parte dell’opera di ammodernamento, con tribune vicinissime al campo e curve che danno spettacolo per 90 minuti. 

Lascio per ultimo quello a mio parere più bello in cui ho giocato, ovvero il Nereo Rocco di Trieste. Grazie ai lavori in concomitanza con gli Europei Under 21 del 2018, dal campo guardi in su e hai la sensazione di accoglienza e contemporaneità architettonica che ne fanno un vero gioiello, un palcoscenico degno della massima serie che non può non emozionare sia i tifosi che i giocatori. 

Sia chiaro. Ci riescono anche impianti come TerniPescara o Padova. Ma hai la netta sensazione che manchi ormai qualcosa. A partire da quella sensazione di distacco che una pista di atletica attorno può generare quando le cose non vanno propriamente come devono... E la cattedrale nel deserto, peraltro anche con diverse “rughe”  passa per essere il termine di paragone più appropriato.

Torniamo al calore e alla passione. Quello che per un ragazzo, anzi uomo (classe 1998), restano valori alla base di tutto il cammino finora percorso. E ad una considerazione che implica anche quello che è stato il mio passato da adolescente. Sono tutti stadi raggiungibili a piedi dal centro città, quindi bisognerebbe far sì che diventino un punto di riferimento anche dal punto di vista dei servizi a disposizione. E soprattutto della sicurezza. Qui entra in gioco il dialogo forzato tra istituzioni e club. Se il calcio muove così tanta gente e interessi economici, va assolutamente affrontata questo anello debole, che non consente più a tanti di vivere il calcio come una festa.

Ci metto il mio ultimo tassello, che riguarda i settori giovanili. E che pare essere (finalmente) uno dei nuovi tasselli fondamentali della presidenza Marani. Dopo aver sperimentato con mano (o meglio, anche coi piedi…) lo svecchiamento delle rose in queste prime giornate, sono curioso di vedere che succederà a breve con il proseguimento della "Riforma Zola", un ambizioso progetto volto a valorizzare i giovani talenti e a potenziare i settori giovanili delle società. Pare partiranno ora iniziative mirate a sviluppare le infrastrutture, a formare nuovi allenatori e a promuovere una cultura sportiva sempre più orientata al futuro. Garantendo, per esempio, il futuro sui campi di allenamento dei settori giovanili che sono un serbatoio troppo importante per il futuro del nostro calcio. Capace di generare vere e proprie risorse interne. Faccio parte di un esempio in tal senso, con il Torino che allora investiva in professionalità e strutture costantemente.

Se la Serie C vuole arrivare ad essere una lega ancora più competitiva e credibile questa è la giusta via. E come inviato de La Giovane Italia sarò ben felice di poterne eventualmente raccontare eccellenze a breve.