Calcio e basket: un fallimento che parte dalla base dei due movimenti

Sotto la lente d'ingrandimento de La Giovane Italia situazioni sportive molto simili, accomunate da "sconfitte" che (dovrebbero) far discutere.
16.07.2024 19:30 di  STAFF LGI   vedi letture
Calcio e basket: un fallimento che parte dalla base dei due movimenti
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Come da tipica tradizione italiota legata a cultura e sport, con l’aggiunta della “gramigna” ormai infestante qualsiasi possibilità o capacità di analisi e giudizi (Far web e soscial), piano piano le settimane passano e la finta indignazione del clamoroso doppio “buco” calcio & basket, tra Europei e non presenza a Parigi in chiave Olimpiadi, si sta lentamente dissolvendo. Senza la minima certezza di vedere l’azione più onesta intellettualmente (e di conseguenza, più lontana possibile) che ormai viaggia verso il disfacimento comune in tutto il paese: dimissioni.

Si odono ancora saltuari strali sul “ripartiamo” dai giovani, il solito desueto mantra che ormai un popolo di anziani poltronoidi si vede gettato addosso, sapendo comunque di avere anticorpi e pelle avvezza alla refrattarietà totale. C’è una sottile quanto celata verità, malvagiamente intrisa di finte peana nazionalpopolari, che lega entrambe le discipline sportive bistrattate tra Europeo e pre-olimpico. E che, come pienamente in linea con un movimento che viaggia al 40esimo posto a livello libertà di racconto (https://www.fnsi.it/liberta-di-stampa-nel-mondo-litalia-risale-al-41-posto-ma-pesano-precarieta-e-minacce) non conviene far emergere più di tanto. Perché, in fondo, conviene a tutti che le cose stiano così.

Premessa doverosa. Come “La Giovane Italia”, abbiamo avuto la sfortuna nel recente passato di perdere tempo ed energie anche sul progetto basket. E di conseguenza, abbiamo piena comprensione e pertinenza nell’affermare che ci sono legami stretti o correlazioni fantasticamente simili tra gestione (?) dei settori giovanili nostrani della palla a spicchi e quello del pallone sgonfiato, restituitoci dall’avventura tedesca. Di base, in un ragionamento e sistema efficace, tutte le componenti che portano a farsi rappresentare da una Nazionale, quindi appunto vivai, prima squadra, dirigenti, Nazionali Under e Nazionali maggiori, dovrebbero (condizionale impossibile, non imperfetto) avere un sottile filo che leghi le singole componenti reciprocamente, almeno a livello dialogo. Chiaro, ognuno cercherà di portare acqua al proprio mulino. E chi dovrebbe stare in cima alla Piramide, capire che per far funzionare il tutto serva intelligenza, strategia e praticità.

Domanda: avete mai avuto notizia di un tavolo congiunto almeno richiesto, che calcisticamente metta insieme le componenti sopracitate nei momenti in cui arrivano autentici disastri sportivi (nel calcio, più che Sud Africa e Brasile, la mancata qualificazione a Russia 2018)? Anzi. Addirittura è di un anno dopo l’introduzione applicata al calcio di casa nostra del tafazziano decreto crescita, con un testo applicativo ridicolo quanto l’attuale percentuale di stranieri presenti nella nostra massima serie (ultimi dati, 68% del totale giocatori). Normale che a lungo andare, senza un controllo qualità reale (vedi Inghilterra, due volte finalista agli Europei dove, Brexit a parte, se arrivi da “non inglese” è necessario avere un curriculum calcistico di livello internazionale) in Italia sia arrivata una quantità di impresentabili, pronti ad essere il risparmio concreto nelle rose di tutti i presidenti.

A chi obietta, “gli italiani bravi comunque giocano” contro-replichiamo che il problema non è con quelli bravi, che forzatamente sembrano fuoriclasse in casa nostra a patto che nelle uscite internazionali abbiano la fortuna di avere un club che giochi le coppe. Nossignori. Il guaio sta nel mezzo. Nella base anche di giocatori medio-positivi, ai quali la crescita per diventare eccellenti, con errori di crescita annessi, non è più concessa... nè sopportata. Fa niente se l’obbrobrio tattico o individuale lo fa “lo straniero”. Ha le spalle larghe, non “sente la pressione” ed ha pure un bel cognome esotico che al popolo abituato da sempre ad essere partecipe di liberazioni endemiche sul suolo, grazie appunto a salvatori esterni, affascina pure.

Altro esempio per i creduloni con rigurgiti patriottistici, apparecchiato ad hoc. Calcio is back! Meravigliosa quanto illusoria campagna vergata dalla Lega di Serie A sul presunto rinascimento nelle Coppe Europee. Come no! Date un occhio alle rose, con squadre che mescolate insieme non arrivano a 11 titolari italiani. A proposito… Se diamo un'occhiata alle recenti finali di campionato di basket, ci ritroviamo la stessa formula di quintetti. Sapete cosa abbiamo imparato nel nostro viaggio da incubo nel movimento nostrano Under? Semplicemente che i settori giovanili gestiti, tranne rari esempi, da fattucchieri eogoreferenziali (speravamo onestamente in una ventata d’aria fresca…) hanno il pilota automatico verso il “non frega nulla se esce qualcuno da lì”. L’esempio, illuminante, di Mannion dice tanto-tutto sulla chiara volontà ipocrita di “lasciarsi” scappare un talento nostrano a discapito di un’esperienza all’estero. Che comunque ti riporta a casa, dopo anni, un giocatore vero, cresciuto a pane e Ncaa,  non pronto per la categoria sopra ma “cotto e mangiato” per club e/o Nazionali azzurre.

Nel calcio, pensate sia diverso? No, peggio. I campionati Under di casa nostra, spesso con club neo promossi da categorie inferiori e “costrette” a cambiar pelle, attrezzandosi laddove giocano club prestigiosi, scelgono solo di partecipare, non investendo nulla e sperando che nessuno si accorga della loro presenza… Sapete la frase emblematica che ci è stata recapitata questa stagione da un (ir)responsabile di un settore giovanile professionistico, come motivazione per un diniego di accesso ad un impianto per filmare una gara, pur essendo regolarmente autorizzati come testata giornalistica sportiva? “Meglio di no, temo che i ragazzi prendano un’imbarcata di gol… Questo non farebbe bene ne a loro ne all’immagine del club…” Capita l’antifona del ragionamento? Un po’ quello che nelle convocazioni Under porta a convocare solo chi vedi coi tuoi pochi osservatorpensionati,  on fidandosi di null’altro e non andando oltre stereotipi su ragazzi in continua evoluzione, ancora bollati se con tatuaggio o capelli in regola…

E l’altra grave ipocrisia sapete dove sta? Nel presunto grido di dolore dei club, quando un talento italiano viene “scippato” e portato appunto all’estero, allo scoccare dei 16 anni. Scippato? Cioè rubato? Domanda facile. Ma allora le centinaia di migliaia di euro di “training compensation” versate nelle casse di chi lo perde, vanno per caso in beneficenza? Ma non è che la verità , come sempre, sta nel mezzo? Ovvero, d’accordo lo hai cresciuto e ci hai investito e magari volevi-speravi di poterci ricavare più denaro. Ma se NON costruisci un percorso credibile interno (vedi Milan-Camarda) o proponi l’unica forma di reale tutela che hai da tempo (dicasi CONTRATTO, anche precedentemente concordato e depositabile al momento opportuno, che si sa, costa ed è un rischio per un talento col punto di domanda), cosa ti aspetti e di cosa ti lamenti esattamente? SE non sai investire per poi eventualmente renderne conto in negativo, se non ti vuoi o sai prendere responsabilità in tal senso, facendo sempre melina e zero a zero, sei un dirigente credibile o semplicemente uno che scalda la sedia come tanti/troppi? Come? Che “Intervenga la Federazione con delle norme che tutelino chi investe nei settori giovanili di casa nostra”? Certo. Anche i contadini italiani attendono da secoli, sperando nel cambiamento climatico, che prima o poi a luglio-agosto si veda una bella nevicata per togliere arsura ai campi…

Oltre a tutti i ragionamenti precedenti sulla finta tragedia dell’impotenza (non si può togliere questo, non si può introdurre quest’altro) ecco farsi spazio anche la logica della “convenienza”. Secondo voi alle Nazionali Under, in chiave crescita reale delle stesse, visti i campionati attuali, “conviene “ più avere profili “maturati” a suon di triplette e zero contrasti persi contro avversari materasso o quelli “emigrati” in altre leghe dove si fanno veramente le ossa tra competizioni nazionali, internazionali (tornei) e Youth league?

Domandina facile facile, aggiuntiva, per i più avvezzi alla materia. Chi è stato il nostro miglior giocatore (ed anche di tutta la manifestazione) al Mondiale Under 20, dove siamo arrivati in finale? In quale campionato è maturato? Campioni d’Europa Under 19 nel 2023: dove giocano Ndour e Koleosho nel gruppo di Bollini? Under 17 del 2024: stessa domanda, Benjamin e Natali (prima i vari Onofrietti, Chiarodia etc)?

Chiosa finale. VA BENE COSÌ. Perché siamo forti e prima o poi ne usciremo. No. Va bene cosi semplicemente perché, come detto, l’ipocrisia e il breriano “chiagni e fotti” tengono in vita tutto e tutti. Fino quando al piano superiore, dove il pallone scotta, per i problemi citati e con i giochi di prestigio illusionistici finiti, arriverà un altro temporale. Qualche tuono, al peggio un’alluvione, sicuramente qualche danno economico. Tutti pronti però a chiedere subito il ristoro, disponibile in varie forme di compensazione. Intanto sul trono d’Europa è tornato giustamente un paese all’avanguardia calcistica e culturale, che decide le gare sugli esterni con un 2007 “nostrano” e un 2002 “prestato” all’estero.

Paolo Ghisoni