Eravamo LGI: Giacomo Parigi
Stavolta non è stato necessario un delizioso pallonetto, come nel suo provino con la Dea. L’efficacia però non è venuta meno, anzi. Di reti ne ha segnate addirittura due, prendendosi la copertina nella vittoria sul Piacenza. Due come i successi consecutivi della sua squadra, che rimane una delle poche ancora imbattute. Due come i punti di distanza dalla capolista. Un inizio di stagione da incorniciare, soprattutto se consideriamo che si sta parlando di una neopromossa. È vero, il cammino è appena cominciato, ma l’Arzignano Valchiampo si gode il momento e confida nel suo bomber Giacomo Parigi – presente nell’almanacco LGI del 2013 e del 2014 – per continuare a stupire.
Giacomo, innanzitutto complimenti per la doppietta e per le prestazioni che avete offerto in queste prime giornate di campionato. Vi aspettavate un avvio del genere?
“In parte no, perché ovviamente essendo una neopromossa non poteva essere scontato. Vedendo gli acquisti, però, sapevo che avremmo potuto cominciare bene e anche continuare a fare bene. Sono arrivati infatti giocatori accomunati da una caratteristica: la voglia di rilanciarsi o di rimettersi in gioco. Chi dopo un infortunio, chi dopo un anno con scarso minutaggio o nel quale non si è trovato bene, ognuno aveva grande motivazione”.
Se poi diamo uno sguardo al girone, troviamo diverse società storiche, che hanno giocato per molti anni in Serie B e anche in Serie A: la Triestina e il Piacenza che avete appena incontrato, ma anche il Novara, il Vicenza, la Pro Vercelli…
“Assolutamente sì. Ci sono numerose squadre forti. Dovremo essere bravi a non fare vedere in campo la differenza che c’è tra noi – che penso siamo la piazza più piccola del girone – e altri club più blasonati, con cui ci troveremo a battagliare domenica dopo domenica”.
Ora dimentichiamo un attimo il presente e facciamo un viaggio all’indietro nel tempo, a quello che probabilmente è stato il momento decisivo per la tua carriera. A soli 15 anni, quando giocavi nelle giovanili dell’Arezzo, sei stato promosso dalla Juniores alla prima squadra che militava in Serie D, hai segnato e hai iniziato ad attirare le attenzioni di diversi club. Ci racconti quel periodo?
“È stato un periodo molto bello della mia vita. Sono passato dal giocare per le varie squadrette della città di Arezzo, dove sono nato e cresciuto, alla prima squadra. L’emozione è stata grande. Tra l’altro io in quegli anni seguivo molto l’Arezzo, proprio come tifoso, per cui ritrovarsi a vestire quella maglia è stato bellissimo. Poi ho avuto la fortuna di avere allenatori come Bacis, Balbo e Tocci, che nonostante la squadra non stesse andando benissimo, non hanno esitato a buttarmi nella mischia a 15 anni e a farmi giocare. Mi ha visto l’Atalanta e dopo 2-3 provini mi hanno preso. Il salto dalla D alle giovanili di un club di A è stato notevole, così come l’emozione. Tornassi indietro mi piacerebbe viverla di nuovo”.
L’Atalanta non era l’unico club sulle tue tracce. C’erano anche altre società importanti.
“Sì perché grazie all’Arezzo – che mi aveva fatto esordire in Serie D – mi avevano chiamato nella Rappresentativa della Toscana per partecipare al Torneo delle Regioni da sotto età. Avevamo fatto una grande competizione, arrivando addirittura in finale, e io avevo segnato 5 o 6 gol. Mi iniziarono quindi a chiamare diverse squadre e scelsi l’Atalanta perché ha sempre avuto il settore giovanile più importante d’Italia. La prima squadra non era ancora quella di adesso, ma il loro vivaio era uno dei migliori. Ecco perché decisi di andare lì. E vado ancora fiero di quella scelta”.
C’è un aneddoto significativo del tuo esordio con i nerazzurri. Al secondo provino, in un’amichevole tra Primavera e prima squadra, fai un gol fantastico a Consigli con un pallonetto.
“Sì, mi ricordo benissimo come andò. Io avrei dovuto giocare con gli Allievi, in quella che era la mia categoria, tant’è che poi disputai quel campionato. Ogni giovedì, però, era usanza dell’Atalanta organizzare a Zingonia un’amichevole tra la prima squadra e la Primavera. Il giorno del mio secondo provino era proprio un giovedì e non so se per mettermi alla prova o se semplicemente per rimpiazzare un assente, mi buttarono dentro. Ricevo un assist da Oikonomidis, l’esterno che poi ha giocato anche nella Lazio, e con un po’ di sana incoscienza tento un lob di prima a Consigli. Mi riesce un pallonetto clamoroso e praticamente Marino e Favini fermano la partita per dirmi: «Ok, domani vieni a firmare». Quel gol quindi è stato un pochino il simbolo del mio acquisto”.
Nelle giovanili dell’Atalanta hai incrociato molti dei ragazzi lanciati poi da Gasperini: Caldara, Conti, Gagliardini, Kessie… Chi ti ha stupito di più? E c’è invece qualcuno che, considerando le sue qualità, non ha avuto la carriera che ti immaginavi?
“Sul giocatore che mi ha impressionato di più non ho dubbi: Mattia Caldara. Quando ero in Primavera lui era il capitano ed era veramente incredibile. Ogni volta che arrivava un lancio, invece di andarci di testa lui riusciva a stopparla di petto. Ho davvero questa immagine indelebile. Purtroppo è stato frenato da diversi infortuni, ma ogni volta che ha giocato non ha solo dimostrato di poter fare la Serie A, ma di poterla fare benissimo. Per quanto riguarda invece un giocatore che pensavo potesse arrivare più in alto, ti faccio il nome di Federico Varano, che tra l’altro avete inserito come me nel vostro almanacco. Aveva una tecnica e una capacità di saltare l’uomo incredibili”.
A proposito di almanacco, parliamo della tua pagina. A spiccare sono sicuramente il “Chi ci ricorda”, nel quale sei stato paragonato a Denis, e il “Dicono di lui”, nel quale abbiamo inserito le parole di Valter Bonacina e Mino Favini.
“Mi ricordo bene le parole di Favini e fui molto contento di leggerle. Quello che apprezzai di più in assoluto, però, fu il paragone con Denis, che in quegli anni secondo me era uno degli attaccanti più forti in Serie A. Poi tra l’altro lui mi regalò la sua maglia, quindi quel paragone per me assunse ancora più significato”.
Noi abbiamo iniziato ad occuparci dei giovani italiani nel 2011, proprio l’anno in cui tu hai esordito ad appena 15 anni in Serie D. Credi che col tempo, nell’ambito dei settori giovanili e delle opportunità date ai ragazzi, sia cambiato qualcosa in Italia?
“Penso di sì. Per quella che è la mia esperienza, se ripenso soprattutto ai primi anni in cui ho giocato, credo che la situazione fosse molto diversa da quella attuale. All’Atalanta, ad esempio, quando c’era Favini come Responsabile del Settore Giovanile, l’obiettivo era la crescita dei ragazzi, accompagnandoli dai Pulcini alla prima squadra. Io conosco tanti giocatori che hanno iniziato lì a 5 anni e poi sono arrivati fino “ai grandi”. Col passare del tempo, però, questa mentalità è venuta a mancare. Adesso conta quasi solo il risultato. La conseguenza è che si preferisce prendere calciatori stranieri o già formati piuttosto che far crescere i propri. E ripeto, parlo dell’Atalanta che rimane uno dei migliori vivai e che all’inizio aveva quell’impostazione lì; pensate ad altre società che già erano più attente al risultato come possono essere diventate ora…”.
Per concludere, proiettiamoci nel futuro. Quali sono i tuoi obiettivi, sia calcistici che extra campo?
“Per quanto riguarda la mia vita fuori dal terreno di gioco, a marzo se tutto va bene dovrei laurearmi in Scienze Motorie all’Università Telematica San Raffaele di Roma. Mi manca solo un esame. Poi sicuramente proverò a fare la magistrale per specializzarmi di più. Anche perché credo che il calcio sia molto imprevedibile, quindi è sempre meglio avere un piano B. Nel calcio, invece, l’obiettivo di quest’anno è la salvezza con l’Arzignano e segnare più gol possibili. Il numero preciso non si dice”.
La cifra a cui sta pensando Giacomo Parigi non la conosciamo, ma sicuramente dopo la doppietta di settimana scorsa è a 2 gol in meno suo obiettivo. Probabilmente le reti non saranno tutte come quella del provino a Zingonia, ma poco importa: all’Arzignano sperano solo che continui a buttarla dentro. Come fece ad Arezzo 11 anni fa. Come ha fatto contro il Piacenza settimana scorsa.